«Mi sento omerica, preplatonica. Sono contraria al binarismo tra ragione e irrazionale: appartiene al linguaggio della metafisica che critico dall'esterno e voglio decostruire»

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Gender Law Newsletter FRI 2025#1, 01.03.2025 - Newsletter abonnieren

MONDO E ITALIA: BINARISMO NEL DIRITTO

2024-2025

Raccolta di articoli su binarismo e non-binarismo in una società post-patriarcale.

La citazione in ingresso è di Adriana Cavarero ripresa in un articolo di Donatella Salari, «Donne che avete intelletto d’amore» apparso nella rivista giudicedonna.it 2/2024 in relazione ad alcune affermazioni contenute nell’edizione 2024 del Manuale di Diritto Privato del Prof. Francesco Gazzoni e contestate dall’A.D.M.I. Associazione Donne Magistrato Italiane con un comunicato stampa del 6 agosto 2024. Professore che mette in contrapposizione razionalità e intuizione, risonanza emotiva e pensiero logico matematico, e secondo cui le magistrate donna dimostrererebbero «un equilibrio molto instabile nei giudizi di merito in materia di famiglia e di figli». L’articolo mette in discussione un binarismo tra razionalità e intuizione, ma anche un binarismo uomo-donna.

Contestazione che si trova anche in ambito di genere anagrafico: «Nella società contemporanea emerge sempre più l’esigenza di non distinguere solamente tra genere maschile e femminile, dovendosi, piuttosto, dare atto, come riconosce anche la scienza medica, dell’esistenza del non binarismo». Aspetto questo, affrontato da Giulia Sulpizi in «Il diritto ad essere diversi: oltre il binarismo nella rettificazione di sesso?» apparso nella rivista GenIus il 9 gennaio 2025. L’articolo, dopo uno sguardo al diritto comparato, ripercorre la giurisprudenza italiana e da ultimo una sentenza in qui riconoscendo il diritto di una persona non binaria ad essere riconosciuta e protetta in questa sua identità la Corte rileva come «sta al Parlamento, in quanto primigenio autore e motore dei mutamenti che agitano l’ordinamento italiano, agire ed intervenire normativamente sul punto. Tale impostazione è giustificata dalla circostanza che il binarismo, per come è stato applicato ed interpretato nell’ordinamento, informa il diritto di famiglia, del lavoro, dello sport e della riservatezza, toccando, con le sue implicazioni, svariati ambiti. Da qui, la necessità di trovare una specifica disciplina legislativa in questi settori e, nell’alveo della disciplina dello stato civile “di coniare una nuova voce di registrazione», «anche riguardo al nome della persona”. Partendo, infatti, dall’assunto che la stessa Carta del 1948 non sia improntata ad una netta logica duale, di bipartizione fra maschile e femminile, ci si interroga su quali siano le opportunità e le sfide cui tale innovazione condurrebbe, stante la necessità di tutelare, in prospettiva pluralista ed egualitaria, un mutamento sociale e culturale ormai ineludibile».

Già il 19 settembre 2024 sempre sulla rivista GenIus era apparso un contributo di Giacomo Mingardo, Riconoscimento delle nuove soggettività e il limite del binarismo di genere nella prospettiva costituzionale: che «si propone di dimostrare come il binarismo di genere non rappresenti un limite di rango costituzionale per l’ordinamento e come sia possibile l’istituzione di un terzo genere. In conclusione, il contributo avanza alcune proposte de iure condendo volte a superare il binarismo di genere».

Anche Francesco Rana si interroga sulla possibilità di abolire la norme sull’attribuzione si sesso quale modello binario etero-patriarcale: Appunti per un progetto abolizionista, GenIus 16 dicembre 2024. Propone la «decertificazione come strategia di abolizione minima»: «L’esistenza di norme in cui siano rilevanti il sesso o il genere di qualcuno non dipende per necessità dalla preesistenza di norme attributive del relativo status. Ben può darsi, sul piano logico-giuridico, un ordinamento nel quale non vi sia alcuna attribuzione formale di sesso o genere alla nascita – e conseguentemente nessuna necessità di ricorrere alla rettificazione della relativa attribuzione – e vi siano, cionondimeno, norme che a essi assegnino rilevanza per determinati effetti giuridici

Infine, citiamo l’articolo di Antonella Massaro, Il malinteso della donna come vittima vulnerabile: il diritto penale di fronte ai gender-based crimes, GenIus 3 gennaio 2025, contributo che, «muovendo da una critica dell’idea di una vulnerabilità “intrinseca” della donna vittima di reati di genere, propone le possibili linee di una riforma che, nell’ordinamento penale italiano, attribuisca specifico rilievo ai gender-based crimes.» Si tratta di un contributo particolarmente ricco– ci limitiamo qui ad un aspetto legato alla binarietà: «Mi sembra poi preferibile ragionare nell’ottica dei gender-based crimes anziché in quella, più settoriale, dei gender-based crimes against women. Non credo che questo comporti uno “svilimento” del disvalore collegato alle forme di “violenza” maschile contro le donne, che, certamente, rappresentano la componente più significativa, non solo sul piano quantitativo, dei reati commessi sulla base della costruzione sociale del genere. Credo, al contrario, che affrancare la risposta penalistica da una determinazione biologica della vittima risulti del tutto coerente con la prospettiva indicata dai Gender Legal Studies, senza considerare che il maschilismo e il sessismo cui si ispira il “modello culturale” che fa da sfondo ai reati commessi contro le donne è lo stesso che, più in generale, consente di “spiegare” i gender-based crimes intesi in una prospettiva più ampia