Le tecniche giuridiche in relazione all'uguaglianza tra i sessi
EUROPA: AI CONFINI DELL'UGUAGLIANZA GIURIDICA
Rivista AIC - Associazione Italiana del Costituzionalisti 2020/2 e 2020/4
La Rivista AIC ha recentemente pubblicato due contributi che indagano le tecniche giuridiche in relazione all’uguaglianza tra i sessi.
Nel primo contributo, apparso nella rivista 2/2020 dell’8 giugno 2020, Giusi Sorrenti analizza dapprima lo sviluppo della giurisprudenza costituzionale italiana, dal principio dell’uguaglianza ai divieti di discriminazione e alla loro relazione con la differenziazione ragionevole. Presenta poi le griglie di argomentazioni e le tecniche di giudizio approntate per contrastare le discriminazioni sviluppate dall’esperienza americana. Al pericolo di rafforzare gli stereotipi che si intendono scardinare risponde con la necessità di «far emergere le visioni deformate sottostanti alle valutazioni legislative sulle quali viene fatta poggiare una differenza di trattamento».
Di fronte all’obiezione nei confronti di un principio di eguaglianza che tende a sostituire nell’ambito politico i gruppi agli individui, la risposta per esempio della Francia è quella di sostituire al principio dell’uguaglianza quello della parità dei sessi, nell’intento di «mettere al riparo il divieto di discriminazioni basate sul sesso dal rischio della crescita esponenziale delle istanze particolaristiche». La «tutela richiesta non aspira al livellamento di ogni differenza sociale, né all’azzeramento dei corpi intermedi …», ma il criterio-guida «risiede nel vagliare l’impatto della disciplina legislativa sul godimento dei diritti paritariamente riconosciuto attraverso un tipo di controllo in massimo grado orientato ad attingere il piano della realtà effettuale».
Quanto al diritto italiano, se in passato la discussione verteva sulla lettura dell’eguaglianza quale eguaglianza formale o piuttosto sostanziale, oggi la chiave di lettura è piuttosto quella della «pari dignità». L’accento verte cioè sulla possibilità di poter dispiegare liberamente capacità e meriti personali, «senza incontrare arbitrarie e precostituite limitazioni» riconducibili a diversità di rilevanza sociale. In ambito lavorativo, travalicando il filtro della valutazione del legislatore, anche misure positive sono riconosciute non lesive del principio di uguaglianza, dato che concorrono «a superare il rischio che diversità di carattere naturale e biologico si trasformino in discriminazioni di destino sociale». L’autrice sviluppa anche l’interdipendenza tra misure legislative e misure di politica sociale e segnala i rischi di misure come il congedo parentale che benché neutre dal punto di vista del genere, rischiano di essere ben poco paritarie in mancanza di un’azione integrata. Postula il ricupero della «vocazione originaria dell’affermazione dell’uguale soggezione alla legge anche nel campo del lavoro» perché «equivale a rinverdire la funzione storica dello Stato di diritto, che non postulava affatto, secondo l’iniziale teorizzazione, una separazione tra società e Stato, ma assegnava ai poteri pubblici innanzitutto un ruolo di garanzia contro qualsiasi forma di potere privato.» Il «profondo radicamento delle disparità di genere in sottostanti ragioni socio-economiche, convergenti con pressanti interessi pubblici, costituisce il proprium del capitolo dell’eguaglianza uomo/donna, che non lo rende concettualmente unificabile con quello delle rivendicazioni paritarie avanzate, ad es., dalle persone omosessuali.»
Non mancano un’analisi critica in relazione all’accesso ai pubblici uffici e alle cariche elettivi tra rimedi giuridici e prassi politiche rilevando come «L’istanza della piena partecipazione politica non viene manifestata perché si tutelino presunti interessi differenziati del mondo femminile, ma per ovviare ad una limitazione del principio democratico, ad una distorsione in senso oligarchico del potere politico.» Per l’autrice, le quote in questo senso costituiscono per certi versi una «scorciatoia». La soluzione preferibile sarebbe la garanzia e la trasparenza dei criteri per l’assegnazione di incarichi.
Quanto agli sviluppi nell’Unione europea, l’autrice esprime il timore che in una prospettiva di tipo «funzionalista» avvenga una neutralizzazione delle differenze e un’uniformizzazione, «volta a vantaggio più dell’integrazione del mercato che della logica redistributiva».
Accesso diretto al saggio di Giusi Sorrenti: Viaggio ai confini dell’eguaglianza giuridica (rivistaaic.it)
Il secondo contributo, di Antonella Sciortino, è proprio dedicato all’Uguaglianza di genere nell’UE: Categorie giuridiche e tutele. «Il saggio si propone di indagare sulla nascita ed evoluzione del principio di uguaglianza di genere nell’Unione europea e di tracciare delle possibili piste di riflessione sulle ricadute di taluni recenti sviluppi della giurisprudenza dell’Unione europea in tema di effetti diretti orizzontali dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE sulla tutela multilivello dei diritti».
Accesso diretto al saggio di Antonella Sciortino: L’uguaglianza di genere nell’UE – categorie giuridiche e tutele (rivistaaic.it)