Il caso Al Hassan: violenze di genere e collocamento tra i crimini contro l'umanità

Spendenbutton / Faire un don
Gender Law Newsletter FRI 2025#1, 01.03.2025 - Newsletter abonnieren

MONDO: CRIMINI CONTRO L'UMANITÀ

2024

Maria Teresa Covatta, Il caso Al Hassan: un’occasione mancata per la Corte penale internazionale, giudicedonna.it 2/2024 – La Corte penale internazionale non sembra così attiva in relazione alle violenze di genere e al loro definitivo collocamento tra i crimini contro l'umanità.

Il 26 giugno 2024, Al Hassan Ag Abdoul Aziz è stato condannato per i crimini di guerra e contro l'umanità commessi tra il 2 aprile 2012 e il 29 gennaio 2013 a Timbuctù, nel nord del Mali, crimini quali la tortura, l’oltraggio alla dignità personale, mutilazioni, trattamenti crudeli e disumani e condanne senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito che offrisse tutte le garanzie giudiziarie generalmente riconosciute come indispensabili. È invece stato assolto dai crimini di guerra di stupro, schiavitù sessuale e attacco a beni protetti, nonché dai crimini contro l'umanità di stupro, schiavitù sessuale e altri atti disumani sotto forma di matrimoni forzati (cfr. https://www.icc-cpi.int/fr/mali/al-hassan).

In questo articolo, Maria Teresa Covatta discute proprio l'esclusione della responsabilità dell'imputato in relazione ai crimini contro l'umanità in relazione alle persecuzioni di genere, pur salutando il fatto che fosse stata rigettata la tesi della difesa di Al Hassan che mirava a giustificarne la condotta in relazione alla preesistenza della discriminazione nei confronti delle donne. La Corte, infatti, ha ritenuto che i crimini commessi nei confronti delle donne fossero soltanto «opportunistici», commessi cioè da attori che avevano sfruttato la vulnerabilità delle donne in detenzione o in situazioni di matrimonio forzato. Ma – così l’articolista - «In realtà, in regimi nei quali la discriminazione è gestita istituzionalmente dal governo la compenetrazione delle istituzioni nella vita dei singoli, anche attraverso l'asserito controllo della loro moralità, è talmente forte e penetrante da far escludere in maniera assoluta che vi possano essere iniziative dei singoli che sfuggano a ogni controllo, e che siano quindi da assegnarsi all’esclusiva responsabilità della persona che li pone in essere materialmente; o che possa sostenersi la tesi della involontaria incapacità di sanzionarli da parte del regime stesso.»

Accesso diretto all’articolo (giudicedonna.it)
Sul processo, si veda: https://www.icc-cpi.int/fr/mali/al-hassan