Mutamenti della forma di governo e integrazione europea: Gli influssi sulle istituzioni e sul formante patriarcale

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UE: DIRITTO ISTITUZIONALE

Ilenia RUGGIU, «Mutamenti della forma di governo e integrazione europea. Gli influssi sulle istituzioni e sul formante patriarcale», Rivista AIC 1/2024, p. 330-384

L’autrice analizza i vari formanti che influenzano la forma di governo – sia formale che materiale. Postula che il formante patriarcale - ossia l’influsso che il patriarcato (inteso sia come gerarchia che come subordinazione sistemica delle donne) ha sulla forma di governo – venga incluso negli studi dottrinali e che gli studi di genere vengano incrociati con la forma di governo.

Nel suo articolo, la costituzionalista Ilenia Ruggiu descrive dapprima l’influsso dell’Unione Europea sulle forme di governo, in particolare quella italiana, constatando come da un lato, il «formante europeo» ha indebolito i governi nazionali attraverso la perdita di porzioni di sovranità e la dipendenza europea, governi che verso l’interno invece si sono rafforzati nei confronti del Parlamento. Con il Trattato di Lisbona, l’UE «ha avviato una «parlamentarizzazione» della sua impalcatura istituzionale» per cercare di rispondere alle accuse di deficit democratico». Questi cambiamenti materiali nella forma di governo sono avvenuti, fondamentalmente, al di là di formali modifiche costituzionali. Sarebbe poi da chiedersi quale influsso potrebbe avere una riforma del governo – dibattito che in Italia si riaccende periodicamente – in senso presidenziale, semipresidenziale o premierale sull’architettura istituzionale europea.
Ampia parte del saggio è poi dedicata agli influssi del patriarcato sulla forma di governo. L’autrice distingue due aspetti del patriarcato: inteso come «gerarchia di una figura preminente» e come «subordinazione sistemica delle donne».
«L’affermazione del patriarcato va vista, dunque, come un processo progressivo, che si è realizzato a più fasi e in più versanti della vita sociale», con una perdita progressiva del potere delle donne, dapprima nella sfera politica e familiare nell’antica Grecia e Roma, poi – con il consolidalmento del cristianesimo – anche in quella religiosa. Un capitolo è dedicato all’etimologia e definizione di patriarcato (il patriarca come colui che protegge, che è alla guida, governa, ma anche come fondatore, iniziatore di un gruppo). Segue una ricostruzione storica del patriarcato politico – cura benevola nella Bibbia; giustizia oggettiva e logos nei miti greci e in Aristotele; potere paterno – patria potestas e pater patriae - nel diritto romano; relazione sovrano-suddito nel pensiero politico assolutista. Poi con l’avvento dell’illuminismo vi è il passaggio dal patriarcato al «governo dei fratelli»: «Crollato sul piano politico, il patriarcato rimase intatto nell’ambito della famiglia, sia nei confronti delle donne». Solo gli studi di Bachofen e di storiche come Marija Gimbutas hanno «acceso nel dibattito politico l’idea di società più egalitarie, in cui la donna ha un ruolo, in cui le decisioni sono adottate non in modo verticistico bensì consensuale». Dopo la Seconda guerra mondiale, le nuove Costituzioni hanno respinto la visione verticistica del potere con la paura che potesse riportare al fascismo e al nazismo, cercando un equilibrio tra i poteri e – per quanto riguarda la costituzione italiana in particolare – con una tendenza «a promuovere una società e una forma di governo anti-patriarcali nel senso usato in questa analisi di patriarcato politico». Anche se la direzione politica era principalmente improntata alla collegialità, la prassi politica italiana in alcuni momenti ha comunque risentito della cultura del capo. Ma – così l’autrice – «Il disegno attuale, […] nonostante il rafforzamento del Governo e del Presidente del Consiglio, resta anti-patriarcale, anti-gerarchico». Resta che «il revisionismo costituzionale attuale» presegue proprio il fine di «un’ulteriore espansione delle componenti monocratiche e plebiscitarie a scapito di quelle rappresentative». «Viste da una prospettiva storica ad ampio raggio come quella proposta introducendo la categoria del patriarcato nell’analisi della forma di governo, revisioni costituzionali che rafforzino ulterirmente il governo appaiono un ritorno indietro ad un pensiero politico che soltanto con molta fatica si era riusciti a superare.», ossia «un disegno verticistico che per secoli è stato foriero di esclusione e autoritarismo».
Per quanto riguarda il ruolo dell’Unione Europea, «Se per quanto riguarda l’impatto dell’integrazione europea sul patriarcato come gerarchia la situazione è incerta, rispetto alla parità di genere il ruolo della UE è molto più chiaro», avendo dato un «grande contributo al superamento di prassi e norme che non consideravano il persistente divario politico partecipativo di genere». Affermazioni come «Non c’è democrazia senza parità dei sessi» o iniziative quali «No women, no panel» hanno avuto qualche effetto in favore della partecipazione delle donne, anche se «Esistono ancora una serie di regole non scritte che tendono ad escludere le donne da certe arene politiche», così come modalità di fare politica che riflettono modelli distanti dalle esigenze femminili o come il soffitto di vetro politico. Da qui «L’importanza che il formante dottorale adotti la categoria del patriarcato nello studio della forma di governo», e che gli studi di genere vengano incrociati con la forma di governo. Per fare un esempio, «negli studi storici sulla forma di governo manca una chiara denuncia del fatto che l’Italia è stata migliaia di anni sotto regimi politici e giuridici patriarcali». Si parla del contratto sociale di Rousseau, «ma non menzioniamo il «contratto sessuale» teorizzato dalla Pateman che ha guidato e ancora oggi sorregge il nostro patto di convivenza, la vita dei partiti, l’accesso alle cariche elettive, l’’idea stessa di politica e di come fare politica in Italia» (e non solo).
 
Accesso diretto all’articolo (rivistaaic.it)